Su scrittori insonni e trame improbabili

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Clandestini a bordo

A volte le storie sono come dei topolini nelle case di campagna: si nascondono. E tu indovini la loro presenza dalle tracce che lasciano. Se per caso avete avuto un moto di fastidio, se non di deciso ribrezzo, all’idea dell’indesiderato roditore, avete realizzato con precisione cosa sia per uno scrittore avere una storia, un protagonista in mente che gioca a nascondino, quando ha deciso che no, non è il momento di mettersi a scrivere, perché è indaffarato in parecchio altro.

Un consiglio: se avete la mania di scrivere e non volete storie indesiderate, non togliete le briglie ai pensieri prima di addormentarvi. O non indugiate a letto la mattina appena svegli. Se siete come me, voglio dire. Perché magari potreste invece essere accoglienti e curiosi ogni volta che tizi nuovi vi girano per il cervello, e avete un appartamentino, o un apposito faldone, pronto per loro appena si presentano. E allora mi congratulo: siete degli scrittori sani e sistematici, protesi all’organizzazione e in pace con la vostra vocazione.

Beati voi! Io no. L’altra notte me ne stavo tranquilla a rimuginare, ignara e incosciente quanto Cappuccetto Rosso nel bosco, quando mi si è affacciata in mente una signora. Ora, io davvero non posso pensare a un altro romanzo, non ora che ho ripreso a lavorare a pieno regime – Carmina non dant panem – e la carne a cuocere pare quella di una braceria mainstream. Non quando gli ultimi due prodotti della mia mente insana ancora attendono compimento. Io colleziono civette (ma non ditelo in giro, che gli amici non mi regalano altro e ho la casa piena) non storie appese.

Comunque, questa tizia che ha un nome molto strano – ma come mi vengono in mente certi nomi non lo so – è completamente pazza. Pericolosa, proprio. E allora mi viene da chiedermi come sarebbe, letterariamente parlando, dare voce alla pazzia. E così, mentre lei, seduta, scruta con malcelata curiosità l’universo che le si disegna intorno, io comincio a pensare a come rappresentare le diverse prese di posizione dei personaggi del di lei mondo nella difficoltà di sopportarla, viverla, risolverla.

E niente: occhi sbarrati, sonno andato e fase rem da sveglia. Questa sono io, nel buio e nel mio letto a pensare alle possibilità di una trama così… Questa sono io, in piena fase di storia nascente. Già, come la luna.

E voi? Voi come fate quando la malattia dello scrittore vi becca in pieno? Volete raccontarmelo? Ne vogliamo parlare? Mal comune mezzo gaudio, gaudio soprattutto ora, perché dopo, quando la storia ha avuto tempo di formarsi, allora ci sono i guai della razionalizzazione. Dopo il brainstorming bisogna rimettere ordine, disegnare con cura i personaggi.

A proposito, voi siete dei pianificatori o degli improvvisatori? O mezzo e mezzo? Non cominciate a scrivere davvero se non dopo che ogni particolare vi si è formato nel cervello, dal numero di scarpe di lei alla taglia delle camicie di lui, dal colore degli occhi del prozio alla psoriasi del cognato? Oppure mettete mano alla penna, o alla tastiera, non appena il protagonista vi ha lanciato uno sguardo dall’angolo oscuro nel quale stava nascosto? Stabilite il punto di vista e le linee narrative a priori o le calibrate dopo una serie di tentativi ed errori?